OSTEOPOROSI
dr. Luigi Lovisetti
L’osteoporosi ( dal greco osteon – osso e poros – porosità) è una
malattia del sistema scheletrico caratterizzata da una riduzione della
quantità assoluta di massa ossea e da un deterioramento strutturale del
tessuto osseo, questo comporta un aumento della fragilità ossea con
conseguente aumento del rischio di fratture (definizione dell’OMS 2003)
Tali fratture interessano soprattutto il polso, le vertebre ed il femore
prossimale. Le stime dell’International Osteoporosis Foundation
affermano che a soffrire di osteoporosi è una donna su tre fra i 60 e i
70 anni e due su tre dopo gli 80. Molto gravi sono le conseguenze legate
alle fratture osteoporotiche . Nelle fratture del femore si ha una
mortalità del 15-25% ed un’invalidità in oltre il 50% dei pazienti. Dati
e stime della situazione europea mostrano che il numero di fratture del
femore previste è in costante aumento e si calcola che nelle donne si
passerà dalle oltre 300000 fratture nel 2000 alle oltre 800000 nel 2050.
Per questo le raccomandazioni dell’Unione Europea sottolineano che la
lotta all’osteoporosi debba essere considerata uno dei maggiori
obbiettivi per la salute. ( dati dell’Istituto Superiore di Sanità) di.
Anche l’OMS ha collocato l’osteoporosi tra le patologie di grande
rilevanza sociale e fra le grandi sfide dei prossimi decenni.
Il termine osteoporosi non identifica una entità nosologica ben
definita ma comprende numerosi ed eterogenei quadri morbosi.
L'osteoporosi di tipo I (osteoporosi postmenopausale) si
verifica nei 10 anni successivi alla menopausa. La perdita di estrogeni
porta ad un aumento del reclutamento e dell'attività di precursori degli
osteoclasti ( cellule deputate al riassorbimento osseo) nell'osso
trabecolare (spugnoso), che risulta quindi in un aumento del
riassorbimento osseo. Si stima che nei primi 5-7 anni dall’inizio della
menopausa, le donne subiscono una perdita ossea del 3-5% l’anno ( 10
volte superiore alla norma).
L'osteoporosi di Tipo II (osteoporosi involutiva senile) è
correlata con i normali processi di invecchiamento, con una graduale
diminuzione del numero e dell'attività degli osteoblasti e non
primariamente con un aumento di attività degli osteoclasti. Colpisce
principalmente persone con più di 60 anni ed è più frequente nelle donne
rispetto agli uomini. Questa forma di osteoporosi coinvolge si l’osso
trabecolare che quello corticale. La fragilità ossea espone il soggetto
al rischio di fratture in conseguenza anche di traumi minori. Sono
tipiche le fratture del collo del femore, le fratture vertebrali,
dell'omero prossimale, del polso e del bacino. Questo tipo di
osteoporosi è provocato da vari fattori legati all’invecchiamento tra i
quali una riduzione di sintesi e dell’attivazione vitamina D a livello
renale ed epatico, da una riduzione dell’assorbimento di calcio a
livello intestinale e dalla riduzione dell’attività fisica. Nelle donne
più anziane spesso l'osteoporosi di tipo II va ad aggravare il quadro di
una osteoporosi post menopausale già in atto.
Osteoporosi secondaria: l'osteoporosi secondaria è
responsabile di meno del 5% di tutti i casi di osteoporosi. Le cause
possono includere malattie endocrine (morbo di Cushing,
iperparatiroidismo, ipertiroidismo ecc.), malattie gastrointestinali
(sindrome da malassorbimento, resezione gastrica), malattie neoplastiche
( mielosa multiplo, leucemie ), malattie congenite ( osteogenesi
imperfetta, sindrome di Marfan), malattie reumatiche croniche,
trattamenti farmacologici prolungati (es., corticosteroidi, eparina),
abuso di alcool, fumo di sigaretta.
Le principali conseguenze cliniche dell’osteoporosi sono le fratture.
Queste si possono presentare con un progressivo collasso trabecolare
spontaneo, come nei cedimenti vertebrali ( con incurvamento cifotico del
rachide e riduzione di altezza del soggetto) od in conseguenza di traumi
minori come banali cadute ( frequenti nell’anziano per la minore
coordinazione, difetti della vista, debolezza muscolare, artrosi degli
arti inferiori, stati confusionali indotti da farmaci ipnotici ecc.)
Diagnosi
Nelle osteoporosi postmenopausale e senile gli indici di laboratorio
sono generalmente nella norma. Alcuni parametri biochimici del
metabolismo fosfocalcico sono tuttavia indispensabili per escludere la
presenza di altre condizioni patologiche che potrebbero essere la causa
dell’osteoporosi in esame (iper o ipoparatiroidismo, osteomalacia, etc.)
Per molti anni la diagnosi di osteoporosi è stata formulata sulla
base di semplici valutazioni radiografiche. Con l’esame radiografico (
metodo qualitativo) tuttavia si possono individuare solo riduzioni di
mineralizzazione del segmento osseo di almeno il 20-30% . Si è quindi
reso necessario passare da questi metodi di indagine qualitativa a
metodi quantitativi più efficaci nell’individuare anche minime perdite
di massa ossea. Tra le queste metodiche ricordiamo la Mineralometria
Ossea Computerizzata (MOC) a singolo ed a doppio raggio fotonico, la MOC
digitale a raggi X, la Tomografia Assiale Computerizzata (TAC)
Quantitativa.
Negli ultimi anni si è andata diffondendo l’ultrasonografia ossea,
metodica che utilizza gli ultrasuoni nella valutazione delle condizioni
del tessuto osseo. Gli ultrasuoni, a differenza delle altre tecniche
danno informazioni non solo sulla componente di calcio dell’osso, ma
anche sulla componente proteica dello stesso, fornendo quindi una
valutazione qualitativa oltre che quantitativa.
L’ultrasonografia viene utilizzata per studiare l’osso solo dove
questo è caratterizzato da una elevata componente di tessuto spugnoso (
come nel calcagno) e si è rilevata come metodica estremamente sensibile
nell’individuare i soggetti a rischio di frattura osteoporotica.
L’ultrasonografia inoltre non è dannosa per pazienti ed operatori in
quanto non utilizza radiazioni ionizzanti. L’esecuzione dell’esame
inoltre è estremamente rapida e semplice ed i costi sono contenuti.
Prevenzione e terapia
Nella prevenzione e cura di tutti i tipi di osteoporosi sono
consigliabili il mantenimento di una adeguata attività fisica,
l’astensione dal fumo di sigaretta , una dieta equilibrata ed una
limitazione nell’assunzione di bevande alcoliche e contenenti caffeina.
Vitamina D e Calcio
Riduzioni di attività della vitamina D e dell’assorbimento di calcio
sono stati dimostrati in tutti i tipi di osteoporosi e pertanto
l’aggiunta alla dieta di calcio ( 1000 mg al giorno) e vitamina D3 ( 800
UI al giorno) è vivamente consigliabile nel trattamento in aggiunta a
qualsiasi altro trattamento farmacologico.
Terapia ormonale sostitutiva
La perdita di estrogeni con la menopausa è il principale fatture che
induce ad un incremento del riassorbimento osseo. Questo trattamento
sostitutivo è consigliabile soprattutto nei primi 5 anni dall’inizio
della menopausa ma solo in caso di sintomatologia specifica correlata
con la stessa ( vampate ecc.)
Modulatori selettivi dei recettori ormonali
Hanno un’azione simile agli estrogeni ma agiscono solo sull’osso e
sull’apparato cardiovascolare in senso protettivo. Sembrano ridurre
l’incidenza di tumore alla mammella. Sono consigliabili nei primi anni
dalla menopausa in particolare in caso di anamnesi a rischio per
neoplasie mammarie.
Bifosfonati
Agiscono riducendo l’attività degli osteoclasti e quindi limitando il
riassorbimento osseo. Sono farmaci entrati da anni nell’uso comune. Non
esiste tuttavia parere unanime sulla durata del trattamento (queste
molecole vengono incorporate nel tessuto osseo e possono rimanere attive
a lungo).
Altre terapie
Tra le altre terapie che hanno offerto importanti risultati nel
trattamento dell’osteoporosi e delle forme di carenza di minerali, quali
ad esempio la crescita e al la gravidanza la magnetoterapia e prodotti
omeopatici composti.
La scelta Giusta
I medici specialisti dello studio Laffranchi vi aiuteranno nella
corretta scelta e impostazione della terapia remineralizzante più adatta
al singolo paziente.
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